Tema Fiorese - Gruppo Alpini Crocetta del Montello

- Sezione di Treviso -
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Attività > La scuola > Secondaria di 1° grado > Temi 2008-2009
Testo del tema presentato da Elisabetta Fiorese, classe III F
premiata con una borsa di studio nell'anno scolastico 2008-2009
Io e la mia famiglia trascorriamo quasi ogni anno le vacanze estive in un paesino di montagna.
Soggiorniamo in una graziosa casetta che condividiamo con zii e cugini. Non è molto spaziosa ma dispone di tutto ciò che serve per trascorrere un periodo in assoluto relax.
Mio papà è un appassionato escursionista, dice sempre che l’aria di montagna, essendo ricca di ossigeno è l’unica vera cura per tutti coloro i quali, costretti a vivere in città, in ogni momento della giornata ingeriscono sostanze nocive come ad esempio i gas di scarico delle auto che a lungo andare provocano danni seri alla salute dell’uomo.
Avendo studiato in scienze la fotosintesi clorofilliana e dopo aver imparato molte cose in educazione tecnica sui gas che compongono l’aria, (ossigeno, anidride carbonica e azoto) ho potuto dedurre che il nostro organismo ha bisogno di aria pura e mi rendo conto che il papà ha ragione.
L’anno scorso trascorsi tutto il periodo delle vacanze estive in quella casetta e, poiché nel paesino dove essa sorge non ci sono molte attrezzature turistiche, molte volte, al pomeriggio trascorrevo parecchio tempo leggendo, fotografando, e ammirando di tanto in tanto le cime dei monti che circondano il paese. Mentre contemplavo il paesaggio pensavo che sarebbe stato bello se avessi potuto fare una passeggiatina o addirittura se avessi potuto arrampicarmi su una di quelle cime. Da quell’altezza sembrava di toccare il cielo con le mani.
Rubbio si erge con circa mille metri di altitudine ed è metà di frequenti escursioni da parte dei villeggianti. È vicinissimo ad Asiago (circa mezz’ora di strada in auto) ed è un paesino molto tranquillo e silenzioso. Asiago invece è ricca di negozi, attrazioni e verde pubblico. Questa città è stata ricostruita modernamente dopo la quasi completa distruzione avvenuta nel 1916 durante la battaglia degli Altopiani.
Quel giorno partimmo da casa di buon mattino. Io, mia sorella, i miei cugini e le rispettive famiglie attrezzandoci di tutto quanto poteva servirci. Avevamo scarponi pesanti, pantaloni alla zuava, una felpa in pile e uno zaino in spalla. Portammo con noi anche una corda e un bastone.
A quell’ora il paese era silenzioso: quasi tutte le persiane e i balconi ancora chiusi, le porte sbarrate e le vie deserte. I nostri passi risuonavano solitari sulla strada polverosa. La giornata si annunciava buona: il cielo era di un color azzurro chiaro e qualche nuvoletta andava e veniva nascondendosi sotto il sole.
Lasciato il paesino di Rubbio, imboccammo un sentiero che dopo poco più di un’ora di strada ci avrebbe portato ad Asiago. Incontrammo solo due persone: un giovane motociclista e una ragazza che correva a piedi in tuta da ginnastica. Arrivammo a Gallio (altro paesino vicino ad Asiago) proprio mentre il campanile scandiva le sette. Lasciammo a sinistra il paese ancora addormentato e imboccammo un altro sentiero. Durante il percorso, mentre gli zii e i miei genitori si scambiavano qualche chiacchiera, noi ragazzi ci divertivamo ad osservare la natura. La fioritura era varia ed abbondante. Piccoli fiori bianchi, gialli e viola spuntavano dal sottobosco. Da quel punto contemplavamo il paesino appena lasciato con immense praterie e udivamo lo scampanellio delle mucche lasciate libere al pascolo. Ad un tratto fummo colti di sorpresa dal passaggio di un capriolo. Sembrava un cucciolo. Ci balzò di fronte ma si dileguò immediatamente.
Dopo circa mezz’ora di cammino la mulattiera piegò bruscamente a sinistra ci condusse in un magnifico castagneto. Qual tratto era silenzioso e verdeggiante. Vi erano alberi dai tronchi grossi, massicci, dalle cime ampie e folte. Nel ramo più alto di una quercia, uno scoiattolo ruppe il silenzio. Teneva tra le zampine una ghianda che gli cadde durante lo spostamento.  Un piccolo falco svolazzava di albero in albero ripetendo il suo verso come se fosse stato disturbato da quell’improvviso rumore. Guardammo l’orologio, erano le sette e trenta, ormai mancava poco per arrivare ad Asiago. Bisognava incontrare una chiesetta con a fianco un capitello, poi una vasta prateria ed infine attraversare la strada asfaltata.
Il sole cominciava a farsi sentire. Facemmo una sosta. C’era un fresco delizioso fra quei pini e quegli abeti. Un venticello lieve ci accarezzava il viso. I larici profumavano l’aria di resina. I miei cugini si sedettero sopra ad una roccia, sotto l’ombra di un grande ginepro. Un piccolo ruscello accompagnava quella distesa infinita. Io e mia sorella ci fermammo sopra ad un ponticello. Sotto ad esso, l’acqua che scorreva limpida e tranquilla, si diramava in numerosi rigagnoli che scomparivano e riapparivano di lì a poco. Guardammo il paesaggio attraverso il cannocchiale. Tutto era più vicino. Ogni cosa appariva ingrandita e ben visibile. La vista spaziò nel punto più alto della montagna. Intravvidi una vecchia “casara”. La parte più visibile era il tetto che sembrava ricoperto di corteccia d’albero, mentre i muri perimetrali erano di pietra. Riuscii a scorgere anche una piccola finestrella rotonda con una specie di grata che guardava verso la valle. Elena mi spiego che quella era probabilmente un ricovero di alta montagna destinato ad ospitare per un periodo più o meno lungo i soldati durante la prima guerra mondiale, periodo in cui al’Altopiano di Asiago vene invaso dagli Austriaci.
Ci avviammo verso i nostro cugini e tutti assieme riprendemmo il cammino. Eravamo stanchi, ma felici. Alle otto e trenta in punto arrivammo ad Asiago. Facemmo una pausa al rifugio. Qualcuno ci aveva già preceduto. Due ragazzi stavano sorseggiando un caffè, mentre la ragazza con la tuta da ginnastica che avevamo incontrato stava facendo colazione. Davanti all’entrata del rifugio c’erano dei tavolini e delle panchine costruiti con tronchi d’albero. Il bar era ben fornito e l’aria odorava di caffè. Vicino al rifugio c’era la chiesetta di pietra a pianta rettangolare con un piccolo capitello accanto. Essa era un tempo un luogo di culto dei paesi vicini che andavano lì a pregare anche per chiedere la pioggia. Di fronte alla chiesa, una fontana sgorgava incessantemente un’acqua pura, gelida e cristallina. Il campanile confinava con un parco recintato con paletti di legno.
Qui iniziava la città. Ad ogni passo c’erano negozi e vetrine. Camminammo un po’ per il centro fino alle ore undici. Pranzammo in casa di amici e durante il pomeriggio ci sbizzarrimmo a fare shopping. Io acquistai dei regalini per le mie amiche, mentre mia sorella comprò delle cartoline. Calò la sera. Eravamo sfiniti, ma molto contenti.
Io ho voluto esternare questa giornata raccontando attimo per attimo nel mio diario questa esperienza divertente ma anche interessante e indimenticabile che resterà scolpita nel mio cuore a caratteri indelebili.
Il giorno seguente piovve a dirotto e fummo costretti a rimanere in casa. Parlammo di questa magnifica escursione e ognuno di noi ragazzi disse un proprio parere. Io dissi che quella giornata mi aveva insegnato molte cose. Era stata nello stesso tempo una lezione di geografia e di storia. Avevo potuto notare le differenze tra un ambiente naturale e un ambiente urbanizzato. Avevo potuto notare la differenza tra un paesino di montagna e una città di montagna trasformata dall’intervento dell’uomo.
Là, dove un tempo c’erano fitti boschi e immense praterie, ora ci sono edifici, case, palazzi, strade asfaltate e marciapiedi. Là, dove una volta l’aria odorava di resina e la terra profumava d’era appena falciata, ora si respira lo smog e il rumore assordante delle auto ha soppresso quel silenzio infinito.
Inquinamento, deforestazione, ed effetto serra sono tutti pericoli seri per l’ambiente.
Dalla storia che ho studiato sui libri ho appreso che quei sentieri scoscesi che avevamo percorso, quella pace infinita che avevo assaporato, erano stati, quasi un secolo fa teatro di sanguinose battaglie.
Quando penso alla guerra, non posso fare a meno di pensare a quante persone hanno perso la vita per la Patria: uomini più o meno giovani, civili e soldati. Un mio pensiero particolare va anche agli Alpini che, sia durante la Prima, ma soprattutto nella Seconda Guerra Mondiale furono presenti su tutti i fronti.
Avevano percorso quelle stesse montagne anche d’inverno, sopra la neve senza sentire la stanchezza e, anche dopo ore ed ore di cammino, continuavano la loro marcia con lo stesso passo.
L’Alpino ha la virtù della perseveranza. La voce del dovere gli dice: “Và!” ed egli ubbidisce. Il suo padrone è la montagna che è autorità assoluta. Dall’alto viene indiscutibile il bene ed il male. Egli considera i mali della società come i mali della natura, per questo motivo si rassegna e non si ribella. L’Alpino espora la montagna, la percorre con ogni tempo e con ogni stagione, ne conosce i segreti e le insidie, si garantisce una completa autonomia portando nello zaino tutto il necessario, è abituato ai pernottamenti di fortuna dovuti alla mutevolezza delle condizioni atmosferiche.
Con la loro semplicità, bontà d’animo e perseveranza, gli Alpini sono sempre pronti ad aiutare chi ha bisogno. Sfilano sereni e fieri di sé perché sono figli della Montagna e dalla loro mamma hanno imparato anche a pregare…
PREGHIERA DELL’ALPINO
Su le nude rocce, sui perenni ghiacciai, su ogni balza delle Alpi ove la Provvidenza ci ha posto a baluardo fedele delle nostre contrade, noi, purificati dal dovere pericolosamente compiuto, eleviamo l’animo a Te, o Signore, che proteggi le nostre mamme, le nostre spose, i nostri figli e fratelli lontani e ci aiuti ad essere degni delle glorie dei nostri avi.
Dio onnipotente che governi tutti gli elementi, salva noi, armati come siamo di fede e di amore.
Salvaci dal gelo implacabile, dai vortici della tormenta, dall’impeto della valanga, fa che il nostro piede posi sicuro sulle creste vertiginose, su le diritte pareti, oltre i crepacci insidiosi, rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra Patria, la nostra Bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana.
E Tu, Madre di Dio, candida più della neve, Tu che hai conosciuto e raccolto ogni sofferenza ed ogni sacrificio di tutti gli Alpini caduti, Tu che conosci e raccogli ogni anelito ed ogni speranza di tutti gli Alpini vivi ed in armi, Tu benedici e sorridi ai nostri Battaglioni e ai nostri Gruppi.
Così Sia.
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