Tema De Vido - Gruppo Alpini Crocetta del Montello

- Sezione di Treviso -
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Attività > La scuola > Secondaria di 1° grado > Temi 2003-2004
Testo del tema presentato da Alice De Vido,
premiato con la borsa di studio nell'anno scolastico 2003-2004
Sono passati circa 60 anni dalla fine della seconda guerra mondiale, un evento storico che ha  segnato la vita di moltissime persone in tutto il mondo. Anche nel nostro piccolo paese la guerra ha portato conseguenza negative e qui la nostra gente ha assistito e partecipato a quanto di brutto porta con se un conflitto tanto duro  e duraturo.
Ho avuto la  possibilità e la fortuna (dico fortuna perchè ci sono sempre meno persone in  grado di ricordare dato il tempo trascorso) di parlare a lungo con una persona  del luogo che ha vissuto la guerra qui in paese, non come soldato, ma come  semplice persona civile.
Dell'esperienza di soldato già ci aveva parlato un reduce, raccontando con tanti  particolari quanto aveva vissuto con i compagni, compresa la prigionia e la fame nei campi di concentramento.
La persona con  cui ho parlato si chiama Guido D'Ambroso, residente fin dalla nascita a Nogarè,  frazione di Crocetta del Montello. Ricorda molto bene quel periodo della sua vita, la fame e la paura, una giovinezza tutt'altro che spensierata. E poi Guido mi racconta, con voce rotta dall'emozione, un episodio veramente particolare  successo a lui e ad altri compagni di Nogarè.
Guido  Racconta:

Primavera del 1945, la guerra volgeva al termine ma i tedeschi erano ancora insediati nella zona, sentivano ormai prossima la sconfitta ma non volevano perdere il controllo della situazione ed erano pericolosi. Il 28 aprile era di sabato; verso le 18, sotto sera, i tedeschi circondarono il borgo Tasca, andando di casa in casa con le armi spianate, presero 13 persone e le caricarono su un camion. Io ero in casa con la mia famiglia quando i tedeschi arrivarono e con le armi puntate costrinsero me e mio fratello Narciso di 16 anni a seguirli; non presero mio fratello Quinto che allora aveva solo 13 anni ed era stupito ed impaurito come mia madre e le mie sorelle che piangevano disperate.
Gli altri giovani di Nogarè che i tedeschi presero erano: D'Ambroso Giuseppe e D'Ambroso Eugenio, miei cugini, poi D'Ambroso Raimondo, Botter Secondo e Botter Gino,  Dalla Lana Biaggio e Dalla Lana Guglielmo, Fornasier Bernardo, Gheno Lello,  Casellante Giulietto e infine Don Luigi, Cappellano di Nogarè; il più anziano era Raimondo di 45 anni, mentre Narciso e Botter Gino avevano solo 16 anni.
I tedeschi sul camion ci dissero che ci portavano a fare un giro e noi iniziammo a preoccuparci non sapendo il motivo di questo loro agire; soltanto in seguito sapemmo la ragione: i partigiani avevano disarmato due soldati che dormivano nel fienile di  Raimondo D'Ambroso e quindi, per rappresaglia, i loro compagni volevano punire alcuni abitanti del paese. In piazza a Nogarè il camion si fermò e sentimmo i rumore di aerei che si avvicinavano; i tedeschi ci ordinarono di stare in piedi sul cassone del camion, poi puntarono le mitragliatrici di contraerea tenendole basse e cominciarono a sparare; i colpi passavano appena sopra le nostre teste,  qualcuno saltò giù dal camion ma un soldato tedesco con fucile puntato lo fece  nuovamente salire.
Il camion si  avviò ancora e arrivati sul ponte di Sant'Anna vedemmo un'alta colonna di fumo proveniente dalla polveriera di Levada che i partigiani avevano fatto saltare; in noi saliva sempre di più la paura quando arrivammo davanti all'asilo di Cornuda (dove ora si trova il Municipio) e ci ordinarono di scendere dal camion, ci sistemarono tutti in piedi con le spalle al muro dell'asilo e puntarono  contro di noi tre mitragliatrici pronte a far fuoco.
Rimanemmo  impietriti dalla paura, il cappellano Don Luigi ci fece dire delle preghiere e ci disse di raccomandare l'anima a Dio perchè per noi ormai era finita.
Per la paura e  lo choc uno di noi cadde come in preda al sonno e non riusciva a reggersi in  piedi, a mio fratello Narciso si blocco la parola per tre giorni, anche dopo il  fatto, non riuscì a parlare.
Ad un tratto  arrivò di corsa dalla piazza di Cornuda, dove c'era il Comando, un ufficiale  tedesco con una valigetta in mano che gridò qualcosa in tedesco ai soldati pronti sulle mitragliatrici, ma questi non sembravano convinti e scossero la  testa come fossero delusi.
Non capivamo niente ma pensammo che qualcuno del paese, forse la signora tedesca che aveva sposato uno di Nogarè, fosse andata al comando spiegando che noi eravamo  innocenti e che non avevamo fatto nulla di male.
Alla fine ci  lasciarono andare e quasi non potevamo crederci, dopo aver visto la morte così da vicino.
A piedi tornammo dalla nostre famiglie per riabbracciare i nostri cari e dappertutto vedemmo i tedeschi che battevano in ritirata verso Feltre con camion, carri  armati...
Ma quella stessa sera una persona di Nogarè fucilò un soldato tedesco vicino ala ferrovia; pensando che i tedeschi tornassero a prenderci fuggimmo per i campi verso Cornuda senza nulla da mangiare e con ancora tanta paura per quanto ci era successo. Io e mio fratello ci nascondemmo nei fienili verso la valle di Cornuda, dove non bombardavano e durante la notte nostra sorella Eugenia, che ora vive in  Francia, di nascosto ci portò qualcosa da mangiare.
Gli americani continuarono a bombardare Crocetta mentre i tedeschi erano in ritirata; alcuni di loro si rifugiarono i Via Feltrina vecchia (dove ora si trova il mulino Ravanello) sotto il ponte del canale Brentella di Maser in asciutta, usandola come trincea. Americani e partigiani riuscirono a stanarli con un carro armato, ma nel conflitto rimase ucciso il giovane partigiano di Cornuda Alessandro Zannini. Nel luogo dove avvenne c'è oggi una lapide con queste parole:

"In  questo luogo combattendo contro la furia dell'invasore tedesco cadde il  partigiano Zannini Alessandro di Bernardo M.O., della classe 1924, appartenente alla 1a Brigata d'assalto G. Matteotti. Forte della fede che fa suo ogni ideale egli visse dell'amore per l'Italia e per l'Italia cadde come un eroe  sa cadere. Cornuda 30/04/1945".

Lunedì 30 aprile gli americani liberarono Crocetta e Cornuda dove a ricordo di quella data è stata intitolata la via che va dal semaforo in centro verso Maser.
Noi potemmo ritornare nelle nostre case martedì mattina e nostra madre, Ermenegilda Bianchin, pianse di gioia stavolta e come ringraziamento per il ritorno dei figli sani e salvi portò tutto l'oro che aveva alla Madonna della Rocca, di cui era devota. Il Rettore, commosso, le disse di tenere qualcosa, almeno una piccola spilla che mia madre portò a casa, ma che poi donò alla Parrocchia di Nogarè, rispettando  così il voto fatto per il nostro ritorno a casa.

Nonno Guido è  commosso, il ricordo è ancora vivo nella sua mente, sono episodi che non si possono dimenticare. Alcuni compagni sono ancora vivi e quanto hanno vissuto li  accomuna e li rende fratelli; ancora si rammentano l'un l'altro quando hanno visto la morte in faccia sotto forma di mitragliatrici puntate.
E nonno Guido ricorda e racconta ai suoi nipoti, ai parenti e a chi, come me, vuole sapere qualcosa di concreto su quanto studiato sui libri, una testimonianza diretta che  vale molto per chi non ha vissuto la guerra e forse la immagina con qualche  difficoltà.
E nonno Guido  racconta, ed io con lui... per non dimenticare.
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