2002 - Gruppo Alpini Crocetta del Montello

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Catania, 11 e 12 maggio 2002

Gli alpini di Crocetta in Sicilia dall'8 al 14 maggio 2002
- Cosa ‘ndeu a far voialtri Alpini in Sicilia?
- ‘Ndemo al Raduno Nassionale dell’ A.N.A.!
- Ma va! Dove see le montagne in Sicilia?
- Teston! No te sa po’ che ghe se l’Etna. El se alto più de 3400 metri e el se anca pien de neve!
- No se vero! el se pien de fogo!
- Sì, ma dentro! Par fora el se alto e fredo come le nostre montagne

Così iniziava, alle cinque di mattina dell’8 maggio scorso, il nostro avventuroso viaggio in Sicilia con gli amici Alpini di Crocetta, cercando di far capire, ad un assonnato compaesano, militesente, il perché gli Alpini, quest’anno, attraversavano tutta l’Italia per partecipare alla loro Adunata Nazionale.
A dire il vero più di qualcuno tra di noi, tra sé e sé, forse si chiedeva se valeva la pena di sobbarcarci tutta questa faticaccia, ma, a conti fatti, possiamo ben dire che ne è valsa la pena.
Siamo partiti un po’ in sordina, vista l’ora ed il pessimo clima che lasciava presagire, come in effetti è stato, un lungo viaggio annaffiato non da buon vino, ma da fredda pioggia. Via via, però che lasciavamo i nostri luoghi: a Nogarè tutti in coma; a Castelfranco qualche risveglio (vero Gino?); a Padova i primi cori (Lino, Felice ecc.) e ampie discussioni su tutto lo scibile umano, dalla qualità dei salami, alla sessualità corretta, all’agronomia, alla storia delle religioni, sostenute da “Renzo/Soffietto” in contraddittorio con Fernando ed Armando; a Ferrara inizio di furibondi tornei di scopa all’asso, conditi da animati diverbi su teoria e tecnica della “posa” delle carte; Bologna risveglio completo con la prima colazione “Alpina” e ricongiungimento con gli amici di S. Maria della Vittoria.
Poi giù verso Firenze, tra nubi sempre colme di pioggia e paesaggi via via più meridionali, ginestre, oleandri, verdi colline di oliveti e campi di grano. Pranzo in autostrada: “Self-Service in Autogrill e poi ancora a scendere, scavalcando mille volte il Tevere, sempre più grosso, lento e limaccioso, per circumnavigare Roma ed addentrarci in una Campania che ha sorpreso un po’ tutti. Commento generale “ Ma alora se vero che anca i teroni lavora ben la tera!” (d’altra parte non sarebbero più “teroni”).
Dalla dolce campagna, all’improvviso caos di Napoli! Un bel salto di qualità! Chi poteva aver qualche dubbio sulla maestria di Lino nel guidare il pullman, nell’impatto con il traffico di Napoli ha sicuramente avuto il modo di ricredersi. Penso che nessuno di noi, neanche con una “500”, avrebbe potuto e saputo fare di meglio.
Breve visita nei dintorni del Porto (Il Maschio Angioino, Il Teatro S. Carlo, Piazza Indipendenza, Galleria S. Carlo) per aspettare l’ora dell’imbarco sull’imponente traghetto a sette ponti.
Dopo una laboriosa e sofferta assegnazione dei posti letto abbiamo cominciato a prendere mano del labirinto della Nave, scoprendo Piano Bar, Salone teatro e discoteca, Sale giochi, Bar, Ristoranti, ed i vari ponti scoperti e, soprattutto, cercando di metterci in mente dove fossero le reciproche cuccette (decisamente piccole, ma dotate di ogni comfort), per arrivare all’ora della cena, che non è stata per niente male.
Meraviglioso ed indimenticabile il dopo cena al Salone discoteca con una iniziale discreta intonazione di cori alpini. Più il tempo passava e più il cerchio dei coristi si allargava, creando gemellaggi tra i vari Gruppi Alpini presenti, camionisti e con i baristi impegnati in una frenetica opera di sostentamento idrico (leggi Prosecco) fino all’esaurimento, sia delle scorte, che il loro. Al ché i nostri Alpini, per niente esauriti, hanno dovuto lasciare il campo, non sconfitti, ma per mancanza di degni avversari.
Notte, assai breve, in un mare abbastanza mosso, cullati dalle onde e da indecifrabili ed ovattati rumori di fondo, quali imprecazioni per botte in testa, scrosci d’acqua, docce a tutte le ore, russamenti vari, canti, ecc. I più ardimentosi e sobri si sono dati appuntamento, all’alba, per vedere sorgere il sole dal mare e scorgere, per primi, la terra promessa (da Andrea) la “Sicilia”.
E Palermo ci accolse, finalmente con il sole. Un sole che ci avrebbe accompagnato per quasi tutto il resto del viaggio e che ci ha fatto subito scordare quanta acqua avevamo preso il giorno prima. Sbarco un po’ laborioso della corriera, in quanto il buon Lino si è fatto incastrare nella stiva da due o tre Tir. Nell’attesa abbiamo fatto ampia conoscenza con la nostra graziosa, simpatica e preparatissima guida Agata, che, ben istruita, come “primo entro”, ci ha portato ai giardini per la “Colazione Alpina”. Anche in questo luogo non sono mancati i gemellaggi. Qui, infatti, è nato un idillio tra Soffietto ed i Giardinieri comunali con relativo scambio di doni (piantine esotiche per sopressa, formaio e vin).
(continua)
Scherzi a parte comincia da ora il nostro breve ed intenso viaggio nell’Isola, a partire dal suo Capoluogo. Non vogliamo, con queste poche righe, certo entrare in merito alle bellezze turistiche di Palermo. Vogliamo solo ricordare le cose principali che abbiamo avuto la possibilità di ammirare: la Cattedrale, la Chiesa Arabo Normanna, il Duomo di Monreale, il gioiello della Cappella Palatina, la spiaggia di Mondello. Da non dimenticare assolutamente il primo, inimmaginabile e positivo impatto con la rigogliosa e verde campagna siciliana, dell’entroterra di Bagheria; il delizioso pranzo al lontanissimo (per la fame) “Agriturismo Crapa Rotta”, dove abbiamo avuto modo di gustare un mare di prelibatezze siciliane, annaffiate da un generoso vino che, nonostante il suo alto tenore alcolico, non ha fatto per niente indietreggiare le valorose Truppe Alpine. Anzi! Più e più volte, si sono dovuti chiedere rinforzi.
Lasciato Palermo e salutata Agata, ci siamo portati, lungo la costa Nord fino a San Nicola di Trabia per pernottare all’imponente “Hotel Villaggio Torre Normanna”, che abbiamo raggiunto percorrendo gli ultimi chilometri su una stradina da infarto (ancora una volta un bravo a Lino). Solita laboriosa e contrastata assegnazione delle camere. Tutti chiamavano a gran voce Felice (delegato ufficiale da Andrea) ma, come al solito, presa la sua camera per primo, scompariva “felice”. Bene o male ci siamo sistemati in ordine abbastanza sparso ed anche qui, come sulla nave abbiamo cercato di orientarci nel labirinto di strade, stradine, viottoli, siepi ed agglomerati del Villaggio. Intorno a noi, come a Napoli, a Palermo un andirivieni frenetico di penne nere. Lungo il nostro viaggio c’era, oramai, un crescendo continuo di pullman, camper, vetture, ristoranti, alberghi stracolmi di cappelli alpini. Eravamo molti di più dei “Mille” di Garibaldi, ma, sicuramente, la gente sicula non aveva alcun timore della nostra calata, anzi ci accoglieva con sempre più cordialità, meravigliandosi che tutta quella gente si fosse spostata, di quel tanto, per ritrovarsi ancora una volta assieme, per rinsaldare, ancora una volta, quel vincolo di fratellanza e disinteressata solidarietà, che spesso lascia perplessi ed increduli coloro i quali non sanno apprezzare il vero valore dell’Alpinità.
Serata a bordo piscina, a strapiombo sul buio mare 100 metri sotto di noi, a festeggiare, tra cori, contrastati dalla sempre più rilevante mancanza di voce, e bottiglie di Prosecco, che non c’era, trasformato in Brut d’Asti, per arrivare all'eccellente “Champagne Veuve Clicot”, per festeggiare il compleanno di Alfiero. Anche qui tutti a letto solo dopo esaurimento delle scorte viniche e dei camerieri, previo gemellaggio canoro e ballerino con i ragazzi Animatori del Villaggio.
Venerdì 10 maggio partenza di buon’ora per la “Valle di Agrigento” ed i suoi Templi, attraversando una sempre più imprevedibile, verde e coltivata Sicilia. Oliveti, agrumeti, mandorli, immensi campi di grano ed altri cereali, ordinatissimi vigneti, protetti con reti contro la pioggia e la grandine, ci hanno, infatti, accompagnato nell’attraversare l’Isola da Nord a Sud e poi verso Est in direzione di Siracusa.
Anche sui Templi è stato già detto tutto, vogliamo solo esprimere un nostro personale pensiero: “Se qualche magno-greco si fosse risvegliato in quel momento, non avrebbe certo capito a che razza di invasione pennuta gli era capitato di assistere”. Tutta la valle, infatti brulicava di chiassose penne nere, che, in mille dialetti diversi, magnificavano la bellezza e l’imponenza dei resti, testimonianza del passato splendore di quel popolo.
Abbandonata la Valle, tra la continua meraviglia degli “edili” del Gruppo che si chiedevano e chiedevano al buon Salvo (la seconda nostra eccellente guida) come avessero fatto, a quei tempi, a maneggiare e posare in maniera ordinata e stabile simili pietroni, ci siamo diretti, con l’intermezzo di un buon pranzo, verso Siracusa, dopo una discreta attesa di Lino e della sua corriera, estremamente bisognosa di riparazioni urgenti, che non si sono fatte, anche se Lei (la corriera) le reclamava fischiando a tutta voce.
Siccome la Sicilia è anche terra di Santi si vede che qualcuno di loro ha pensato a noi, perché da quel momento le cose, meccaniche, ci sembrò andassero meglio; o, forse, ci eravamo abituati ai fischi.
Arrivo a Siracusa, in serata, al Sole Park Hotel, buono e confortevole, con appena il tempo di scaricare le valigie per correre subito a cena, non male per la prima volta, salvo i successivi, continui spostamenti di sala, con sempre minor posto disponibile a tavola, pro capite. Piccola e chiassosa passeggiata serale per alcuni, densa di cordiali contatti con i siracusani che, incuriositi dalla novità, aprivano le loro finestre, già chiuse, e rispondevano calorosamente ai nostri saluti.
Risveglio con la pioggia al sabato mattina. Colazione e poi partenza, prima per Catania, dove alcuni sono scesi, mentre il grosso del gruppo proseguiva per Taormina, per visitare anche in quella città gli spettacolari resti della civiltà greca e per godere del meraviglioso panorama di quelle coste siciliane. Dopo un gradevolissimo pranzo, con “oneste” libagioni, in un ristorante ai piedi dell’Etna, partenza per il “Vulcano”, dove a quota 2000 circa, presso il Rifugio Sapienza, miracolato dall’eruzione del 2001, è avvenuto il ricongiungimento con gli amici Alfiero, Walter e Luciano che, arditamente, cappello Alpino in testa, avevano sfidato i divieti, le calde folate dei vapori sulfurei e le rocce bollenti per spingersi, in un “mare” di grigia lava, fino a quota 3.050, contrastati nella loro ascesa da freddo vento e da una tormenta di neve.
Anche qui alpini ed alpini, decine di corriere; centinaia di alpini e familiari che, sacchetti di nylon in mano, raccoglievano i “migliori” pezzi di lava da portare a casa: se ci fossero stati l’anno scorso a prendere pietre, certamente la colata si sarebbe fermata molto prima.
Tornati nel primo pomeriggio a Catania ci siamo immersi nel vero clima dell’Adunata. La destrezza di Lino ci ha salvati ancora una volta portando la corriera quasi a ridosso del centro storico, raggiunto dopo pochi passi, costeggiando i soliti accampamenti estemporanei, ma superprovvisti di tutto, “piantati” dagli Alpini in ogni angolo disponibile della città. Città letteralmente invasa dai cappelli grigioverdi; ce n’erano dappertutto, a perdita d’occhio; bande, cori improvvisati, enoteche ambulanti, i soliti mezzi di locomozione stravaganti, gruppi eterogenei di alpini e “locali” sempre più a loro agio in quel caos che, a modo suo, seguiva regole ben precise, retaggio di una tradizione oramai entrata nei cromosomi dei vecchi “bocia”.
E così fino a tarda sera entrando di chiesa in chiesa a sentire i nostri cori, passando di chiosco in chiosco per vedere e “sentire” come si mangia e si beve quaggiù, girovagando di strada in strada per vedere se si incontra qualcuno che si conosce. Ma Lino oramai ci aspetta e dobbiamo andare. Il rientro a Siracusa è stato traumatico. In un’ora avremo fatto si e no un chilometro. Finalmente la strada si apre e, verso mezzanotte i più tornano a letto. Qualcuno, a dire il vero, senza far nomi, ha avuto un rientro un po’ più travagliato e mattiniero (50 Km. di taxi notturno anzi quasi mattutino).
Nonostante tutto, alle sei di mattino, tutti in piedi, donne comprese, per partire alla volta di Catania. PER LA SFILATA!
Siamo stati previdenti e, tutto sommato, non ci toccherà percorrere troppa strada a piedi. Solo almeno TRE volte il percorso della Sfilata! Arriviamo per tempo all’ammassamento, tra ali di folla già assiepata lungo le transenne, in tranquilla attesa del “serpentone”.
Partenza abbastanza puntuale, con i soliti problemi iniziali di inquadramento, ma, poi, una volta superata la partenza ufficiale della sfilata, tutto, come al solito, fila liscio e riusciamo a dare l’impressione, ai siculi, di chissà quante ore di addestramento preventivo.
Bisogna proprio dire che Catania ci ha accolto bene. Strade completamente imbandierate, palazzi ricoperti di tricolori, balconi traboccanti di gente festosa ed entusiasta, che rispondeva con appassionato calore ai nostri “hurrà” e battimani. Per non parlare delle “mamme”, che, essendo il 12 maggio anche la loro festa, venivano ad ogni piè sospinto osannate dagli alpini che sfilavano.
Dopo lo scioglimento via di corsa a prendere la corriera; pranzo a Siracusa e, poi, visita pomeridiana a questa bella Città. Il Teatro greco; l’Orecchio di Dionisio, all’interno del quale si è esibito in coro il nostro gruppo, generando un’intensa commozione in coloro che, all’esterno, ascoltavano estasiati il trasformarsi armonioso delle nostre voci oramai rauche ed afone; i resti romani. La città vecchia, all’isola di Ortiglia, riccamente addobbata per la festa della Patrona S. Lucia, ci ha riservato una gradevole sorpresa, per la particolarità della Cattedrale, inglobante un antico tempio greco e per l’atmosfera Gattopardesca delle sue strade e dei palazzi.
Al mattino dopo partenza per il Continente, ripassando nuovamente per Catania l’Etna ci ha salutato, facendo sbucare tra le nuvole la sua cima completamente ricoperta di neve fresca e candida. Arrivati a Messina, abbiamo avuto qualche problema per traghettare, visto che, con noi c’erano tanti altri alpini che volevano rientrare in terraferma. Piano piano abbiamo cominciato a risalire lo Stivale, ritrovando, come all’andata, la pioggia, fermandoci ad Amantea a mangiare del buon pesce calabro e poi, sempre più su, superando o facendoci superare da una marea di automezzi stracolmi di alpini, per arrivare, in tarda serata, appena in tempo per la cena a Caserta.
Scartata l’idea, per mancanza di tempo, di visitare Caserta Vecchia, abbiamo optato per una visita in anteprima serale alla “Reggia” maestosamente illuminata a giorno. Veramente un colpo d’occhio eccezionale, da fare invidia a Versailles.
Martedì mattino, 14 giugno, veloce visita diurna alla Reggia, alle sue stanze ed al suo immenso parco e poi tutti in corriera verso nord per il pranzo da “Squarciarelli” a Frascati. Pranzo ottimo annaffiato dal buon vino dei colli e rallegrato dalle cantate e dalle barzellette di uno stornellatore locale, discretamente contrastato dai nostri coristi, oramai allo stremo delle forze. Dopo aver praticamente riempito la corriera di vino ed olio dei colli romani siamo ripartiti con decisione, verso la ormai, da molti, agognata “casa”. Viaggio di ritorno più che tranquillo, evitando, per un pelo, incidenti e code, che ci avrebbero attardato di ore. Piccolo pic-nic finale, con i resti delle vivande, cui è stato dato fondo, ma non del vino che, miracolosamente, continuava a spuntare da tutte le parti. Considerazione: o ne abbiamo bevuto poco o ne è stato portato via troppo! Voi che ne dite?
Crocetta ci ha accolto in serata con il nostro Andrea (senza prosecco però) a farci sì il discorso di rito, ma più curioso ancora di sapere come era andata.
Come è andata lo diciamo noi per tutti. BENE!
Bene grazie alla preventiva oculata organizzazione. Bene grazie alla professionalità di Lino Favaretto e del suo staff di Guide. Bene grazie a quanti di noi si sono prodigati durante il viaggio per dare una mano. Bene per la cordialità e simpatia che si è spontaneamente generata tra persone che, in maggioranza, poco si conoscevano. Bene grazie alle continue e spiritose sparate di Gino, ai canti di Lino, Felice e c., alle punzecchiature di Soffietti, alla instancabile collaborazione ed al notevole spirito di adattamento delle nostre donne. Grazie, soprattutto, al nostro “Capo” Andrea che, nell’impossibilità di far parte della combriccola e di godere del frutto del suo lavoro, ci ha sempre seguito da lontano, nello spirito e con il telefonino, vero Felice?
Grazie ancora a tutti.
Due della combriccola
(Walter e Dorino)
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