ANNO SCOLASTICO 2002-2003

per una intervista-testimonianza sul tema:

"Guerra e vita quotidiana a Crocetta nel periodo 1940-1945"

 

Fabio Venturin di Pasqualino, nato a Valdobbiadene il 20/08/1989, Classe III F

intervista alla nonna paterna Reginato Vittoria

vedova dell'Alpino Ernesto Venturin, reduce di Russia

 

Testo tradotto in italiano - Testo originale dialettale

 

Il giorno 16 maggio 2003 io sono andato presso l’abitazione della Signora Reginato Vittoria (mia nonna paterna, vedova del vecchio alpino Ernesto Venturin) per effettuare una intervista-testimonianza su vicende o episodi relativi al periodo 1940-1945, di cui lei è stata testimone diretta. La signora Vittoria ha 92 anni, è nata a Ciano il 28 ottobre 1911 e risiede a Ciano da sempre.

Quando è scoppiata la 2° guerra mondiale aveva circa 30 anni, un figlio piccolissimo, un altro sarebbe nato dopo qualche anno e il marito era in Germania, a lavorare per i tedeschi. E’ un’arzilla vecchietta ancora autonoma nonostante l’età.

 

Quand’è che la guerra è arrivata qua a Ciano?

 

Una mattina sento, perché abito vicino alla strada, tutto un chiacchierare, tutto un camminare sulla strada inghiaiata.

“Cosa c’è Maria Vergine” ho detto tra me e me. Allora ho fatto un salto dal letto, ho aperto il balcone e ho visto tanti soldati; erano tedeschi e fascisti, dalla camicia nera, mescolati. Maria Vergine, mi sono molto spaventata e allora ho chiamato mia suocera che mi ha detto “Cosa c’è di nuovo?”. “Cosa volete che sappia io, sentite che roba, deve esserci qualcosa di brutto”. Vado di nuovo al balcone con i miei bambini, guardo giù e un soldato tedesco mi ha detto “Signora dentro, dentro i bambini e chiudere la finestra”. Quel giorno i nazi-fascisti avevano occupato militarmente il paese.

 

Si ricorda qualcosa, qualche fatto particolare che è accaduto qui a Ciano?

 

Mi ricordo una mattina, sono andata a Messa prima, suonavano ancora le campane, ero in anticipo e andata giù pian piano con la mia bicicletta. Quando sono arrivata in Chiesa vedo le porte aperte, spalancate, e dentro nessuno. Ho fatto il giro della Chiesa, sono stata li un po’ a guardare e ascoltare. “Ostia! (nota: è una esclamazione dialettale molto diffusa) non c’è neanche il prete stamattina” dico. Vado fuori e ho incontrato un uomo che mi dice: “Dove va sposa?” “In Chiesa” gli rispondo, “No no” ha detto “non fanno messa stamattina”. “Ma hanno suonato le campane”, dico. “Va bene ma vada a casa lo stesso perché li davanti al cimitero ci sono cose brutte”. Quando sto andando a casa, sento tutto un rumore, stavano sparando. Poi mi hanno detto che hanno fucilato i partigiani. Quando sono arrivata a casa io e mia suocera Adelia con i bambini ci siamo rinchiusi per tutto il giorno. (nota: era il 2 gennaio 1945; di fronte al muro di cinta del Cimitero di Ciano furono fucilati 6 partigiani vedi).

 

Venendo da lei ho visto nella piazzetta detta dei Martinelli (ora Piazza della Resistenza) una lapide che commemorava due uomini del luogo impiccati, a proposito di questo fatto si ricorda qualcosa?

 

Si, si, mi ricordo bene, erano alcuni giorni che avevano preso Piero Bordin e un ragazzo, Armando Morgan, e li avevano accusati di portare il pane ai partigiani, e non era neppure vero. Una mattina i tedeschi e i fascisti erano andati a prendere una corda da un contadino, hanno chiamato Don Carlo il prete che li confessasse perché poi li impiccavano. Don Carlo gli aveva detto che uccidessero lui al posto dei prigionieri, ma gli hanno detto un sacco di parolacce e gli avevano anche bestemmiato contro. Dopo li hanno impiccati (era il 31 agosto 1944) e dicevano che bruciavano anche tutto il paese di Ciano.  I due uomini sono rimasti appesi tre giorni e tutti avevano paura di passare davanti. Per diversi giorni io, mia suocera, i bambini e mia sorella Amelia siamo andati ad abitare da una donna che si chiamava Costantina su per il Montello sulla strada n° 19. Io e mia sorella ci vestivamo peggio che potevamo per sembrare più vecchie, perché si aveva paura dei soldati. Quando siamo andati sul bosco avevo i miei due bambini montati su un carrettino, e il mio foglio più grande Egidio mi segnava Piero Bordin impiccato e mi diceva che aveva la lingua fuori, noi lo conoscevano perché ci abitava vicino. Mi è toccato piangere lungo tutta la strada. Quando si andava su per il Montello ho incontrato mia mamma, tua nonna Reginata, e mi ha accompagnato per un pezzo di strada. Dopo tre giorni che eravamo lassù siamo tornate nelle nostre case, intanto gli impiccati li avevano portati al cimitero. (Nota: era il 31 agosto 1944: alle finestre dell'Osteria Martinelli, ora Piazza Resistenza, furono impiccati Pietro Bordin di 59 anni e Armando Morgan di 17 vedi)

Proprio quella mattina che si tornava indietro i tedeschi avevano dato fuoco alla casa dei Salandin, che avevano il forno e facevano il pane. C’erano le fiamme più alte che mai, poi dicevano che i tedeschi avevano un mitraglia in cima al campanile e sparavano agli uomini che scappavano giù per le grave del Piave e su per il bosco. Guardavano dappertutto con il cannocchiale. Così siamo tornati a casa con una paura tremenda ma avevamo detto, sarà quel che sarà, preghiamo tanto il Signore.

Poi, un’altra volta, sono andata al cancello e dice mia suocera “Vada a vedere Vittoria se fuori del cancello ci sono ancora i soldati”. Io sono andata, sentivi un silenzio perfetto, e allora io pian piano ho dato un’occhiata a destra e a sinistra, quando ho guardato sul baracchino dove ferravano i cavalli, ho visto che era pieno di soldati e allora uno a detto “Qua, qua, dietro il portone, dietro il portone” dov’ero io: Maria Vergine ho preso una paura, ho corso, ho fatto quattro salti, ho saltato la rete di recinzione e sono andata da mio padre, giù per i campi, lui mi ha detto “Dove vai ragazza, dove vai?”, “Mi rincorrono i soldati, mi rincorrono”. Mi sono fermata da mia madre Reginata e quando sono tornata a casa ha detto a mia suocera “Andate voi al posto di mia figlia, se volete”.

 

Si ricorda ancora esperienze con in tedeschi?

 

Si, un’altra volta, andavano per le case, e una mattina presto, mia suocera si alza prima di me, e mi ha visto sul letto con i miei bambini un po’ di più e mi dice: “Si alzi Vittoria, si alzi , che ci sono i soldati”, “si, si” dico. Quando sono sulle scale , vedo un soldato che spinge la porta, e allora mia suocera con i miei due bambini era scappata giù per i campi; poi entra uno che mi dice “Dov’è suo marito?” “In Germania” gli dico. “Cosa fa in Germania?”. “E’ andato a lavorare”. “Tutte dicono che hanno il marito in Germania”. “Se vuole vedere le mostro le lettere” e allora ho tirato fuori la lettera dalla camicia, gliel’ho fatta vedere, me l’ha data in mano, ha messo un piede in cima al balcone ed è andato via.

Mi ricordo anche che siamo scappati sul bosco a dormire, perché si aveva paura dell’aeroplano che passava di notte, del “pippo”. E allora io e la mia amica Rina siamo andate sul bosco a dormire, e dopo venti giorni che eravamo la, mi ha detto una persona “Dove andate che vi vedo sempre passare?”. “Andiamo a dormire sul bosco, dalla Costantina”, una ragazza che conoscevamo, allora lui dice “Voialtre andate a dormire la, e dietro la vostra casa, sulla scarpata, hanno messo le bombe” e allora Maria Santissima, siamo tornate a casa. Di notte si aveva paura dell’aereo, il “pippo”, e si mettevano le coperte sulle finestre, perché non scappasse la luce e allora io e la mia amica dicevamo “Pippo fa pulito che Ernesto fa il resto” (letteralmente: “Pippo fai bene che Ernesto fa il resto”, ma in italiano manca la rima!). Avevamo tanta paura.

Un’altra volta è venuto qua un tedesco, e appena sotto le scale avevo un paio di scarponi sporchi di fango, di mio cugino Fabio, che si era nascosto sotto il fieno nel portico e da li mi vedeva. Allora il soldato mi fa “Di chi sono questi scarponi?” “Di mio marito che è in Germania”. “Ma sono sporchi”. “Si, ma è terra vecchia”. Insomma, chiacchiera qua, chiacchiera la, se il soldato mi avesse fatto qualcosa di brutto, Fabio, con la pistola, lo avrebbe ammazzato e allora si che sarebbero stati brutti guai.

Poi una mattina, mi sono alzata e sono andata a prendere acqua, nel ruscello lungo lo stradone, vicino a dove era andato a nascondersi Fabio: aveva scavato una buca e aveva messo dentro un tino con sopra un mastello per lavare la biancheria. Io gli ho detto “Fabio, volete una tazza di caffè?”. Lo sento che dice quattro bestemmie, vai via porco... e qua e la; ho preso l’acqua e sono tornata a casa. Mi dice mia suocera “Cosa vi ha detto Fabio, Vittoria?”. “Mi ha detto quattro bestemmie e io no che non vado più la perché quando passa, guardi davanti al cortile delle scuole quante teste nere ci sono, di soldati seduti, a gambe incrociate, con lo schioppo in mano”, che mi viene una paura, a passargli davanti che non sapevo più se dovevo correre o andare piano, che mi sparassero alla schiena.

 

Quando sono arrivati gli americani cosa ha fatto?

 

Io, mia madre, mio padre e mia suocera siamo scesi dal bosco, perché si aveva paura del “pippo” e verso mezzogiorno dice mio padre “Guarda lì, verso Biadene, guarda quante macchine, sono tutti soldati Americani”. Da li a poco arriva un tizio con la moto che dice “C’è la pace, la pace, la pace”. Abbiamo capito che la guerra era finita, abbiamo girato il carretto con la vacca e siamo tornati a casa. Non si passava neanche per la strada da quanto gente c’era; tutti soldati grandi, belli, forti, tutti vestiti uguali e dentro l’osteria da Martinelli sembrava un formicaio, non si stava neanche dentro, e neppure nella bottega. Bevevano, si abbracciavano, cantavano... Maria Vergine. Sono venuta a casa, sono andata in bottega da Martinelli, si tiravano i berretti, erano contenti che mai più e ho visto un berretto di panno sotto un tavolino: l’ho raccolto e ne ho fatto due paia di scarpette per i miei due bambini. Quella notte non ho mai dormito dal baccano che c’era e Martinelli non ha mai chiuso la bottega e l’osteria: erano tutti contenti.

 

La mia nonna era molto contenta e lo era ancor di più dopo un anno circa. Erano tre anni che non aveva più notizie del mio nonno. Era andata persino da un mago a Sernaglia a farsi leggere la mano. Questi l’aveva rassicurata dicendogli che mio nonno aveva preso la prima “tradotta” per l’Italia. Rimpatriò nell’aprile del 1945 con gli ultimi treni di prigionieri dalla Germania.